Le più preziose memorie d’infanzia di molti di noi sembrano quasi sempre essere legate a dolci leccornie, non tanto per la loro bontà, ma quanto per quel immancabile rituale di preparazione che avveniva sotto l’attenta guida della nonna o della mamma. Dal canto mio, la preparazione del tiramisù era sempre un grande evento a casa mia; il mio compito era quello di bagnare i savoiardi nel caffè, né troppo, né poco, per non rovinare la deliziosa crema di mascarpone. 

Per Bianca Koutoufides, dalle origini siciliane e cipriote, e proprietaria di ‘Sfinci Au’, le dolci memorie d’infanzia profumano invece di sfinci fritti che era solita preparare con la nonna, arrivata da Caltagirone in Australia nel 1962. Da questi piacevoli momenti culinari, Bianca ha irrimediabilmente acquisito un grande amore per la cucina italiana. 

“La mia più grande passione nella vita è quella di cucinare, soprattutto italiano. È il mio comfort food”, racconta.

All’età di sedici anni, Bianca già percepisce che quelle piccole e soffici palline di pasta lievitata e fritte in olio bollente erano molto di più di un semplice dolce carnevalesco, e cerca di convincere la mamma a commercializzarli. “Mia madre non aveva il tempo di farlo, ma mi ha incoraggiato a contattare i mercati locali per presentare la mia idea. La domanda che ricevevo era sempre la stessa: ‘Che cosa sono?’. E per far capire di cosa si trattasse, li paragonavo a delle donuts. Purtroppo, la risposta che seguiva era un educato: ‘No, grazie. Abbiamo già la bancarella di ciambelle’”. 

Un errore involontario quello di Bianca, spinta dall’ingenuità di chi ancora vede il mondo con lenti a colori. Finché qualcuno le consiglia di esaltare l’originale ricetta, e tradizione, delle sfinci, che non hanno niente a che vedere con le ciambelle con il buco.

“Terminati gli studi al liceo, ci ho riprovato. Questa volta sono stata chiara nella mia presentazione. E mi è andata bene! Ho avuto il permesso di venderli al Kingsbury Drive Community Market, in Bundoora, che è un ottimo mercato per il mio prodotto, per la sua notevole clientela italiana”.

Il nome che Bianca ha scelto per la sua attività non è lasciato al caso: nel dialetto siciliano “i sfinci” si riferisce a un prodotto culinario, molto spesso sotto forma di pastella fritta, di consistenza morbida e irregolare simile a una spugna. La parola sfincia di per sé deriva dall’arabo (‘ isfanj), che a sua volta attinge dal latino spongia (spugna) .

Le sfinci possono essere sia dolci sia salate – non è inusuale che in alcune parti della Sicilia si mangino con le acciughe –, ma Bianca ha deciso di tener fede alla ricetta della nonna, con una piccola variazione: “Nella ricetta che uso ci sono solo cinque ingredienti: acqua, farina, zucchero, lievito e scorza di limone. A differenza di mia nonna, aggiungo un poco più di acqua all’impasto, così da renderli più friabili e meno pesanti da digerire”.

Bianca è diventata presenza fissa nei vari mercati di Melbourne – anche al Preston Market e al Flemington Farmers’ Market – con il suo grazioso trailer, oltre a prendere parte a eventi comunitari e, recentemente, a offrire servizio di catering.

Alla giovane età di ventuno anni, Bianca dimostra già una buona dose di maturità, oltre che uno straordinario attaccamento alle sue radici italiane: “In questi anni le mie sfinci si sono evolute con me: prima, mi capitava di avere qualche piccolo intoppo nella preparazione; ora invece è quasi diventata la mia seconda natura”. 

Non mancano le occasioni in cui Bianca riceva commenti increduli da chi – soprattutto donne – non riesce a capacitarsi che sia lei la mente e il braccio dietro questo piccolo business. “Pensano subito che sia opera di mia mamma. Io cerco sempre di non prendermela, anche se un po’ ci rimango male”.

Le sfinci di Bianca non hanno faticato a trovare l’approvazione di molte persone, non solo di origine italiana. “Molti sono felici quando le assaggiano, perché ricordano subito quelli che mangiavano da bambini. Anche persone della comunità greca si incuriosiscono; vedono una certa somiglianza con le loro loukoumades, anche se le due hanno tradizioni diverse”. 

Un prodotto gastronomico che attinge dalla cultura di diverse popolazioni del Mediterraneo, e che riesce a riportare in vita ricordi d’infanzia sopiti, oltre che a ispirare chi li assaggia per la prima volta. 

“C’era un signore australiano che mi veniva sempre a trovare al mercato di Elwood, l’unico dove ho una vera e propria bancarella e dove espongo anche altri prodotti di pasticceria. Ultimamente non l’ho più visto; sono poi venuta a sapere che purtroppo non stava molto bene. A mia sorpresa, mi ha scritto una breve email: ‘So easy to settle for mediocrity; it takes courage and integrity to keep striving for excellence. I’m reminded of this every time I visit your farmer market stall, and buy some of your wonderful food, Richard (È così facile accontentarsi di una vita mediocre; serve coraggio e integrità morale per continuare a migliorarsi. Me lo ricordi ogni volta che visito la tua bancarella per comprare i tuoi meravigliosi dolci, Richard)”.